Episodio 2
RITORNARE
ADOLESCENTI
Devono
essere le 4 del mattino. E’ buio pesto... neanche un filino di luce entra dalle
fessure della serranda e, dall’altra stanza, sento mio fratello russare.
Allungo
il braccio verso il cellulare sul comodino. In realtà sono le 6:15. Anche senza
sveglia, non posso fare a meno di aprire gli occhi sempre alla stessa ora, ma
questa volta non devo alzarmi per forza... anzi se lo volessi potrei continuare
a dormire ad oltranza.
Le
mie ferie forzate cominciano proprio male...
Sbadiglio
e mi metto di fianco.
“Sara...
tesoro?”
“Ah!”,
una voce mi fa scattare e d’istinto mi metto seduta. E’ la mamma seduta sul
letto accanto a me.
“Vi
ho preparato la colazione. Che ne dici di lavarti un po’ il viso e raggiungerci
in cucina?”
Sbadiglio
rumorosamente e apro leggermente gli occhi. La stanza è invasa dalla luce. “Ma
che ore sono?”, le chiedo a fatica. Un minuto fa era completamente buio e
adesso…
“Le
9:30. Ho pensato fosse meglio svegliarti”, dice accarezzandomi la testa, poi
resta in silenzio a guardarmi per qualche secondo.
Da
qualche parte trovo la forza di risponderle: “Hai fatto bene”, non mi è mai
piaciuto svegliarmi tardi e mamma lo sa bene. Quando lo faccio ho la spiacevole
sensazione di aver buttato via del tempo prezioso... almeno di solito. Ma
adesso? Sono quasi tentata di rigirarmi dall’altro lato e riaddormentarmi fino
a ora di pranzo.
“Ho
pensato che potresti accompagnarmi a fare la spesa”, dice la mamma quasi rispondendo
ai miei pensieri e così dicendo si alza avviandosi in cucina.
Perfetto.
Sono tornata ufficialmente agli anni del liceo, quando a scuola finita, la
mamma portava me ogni mattina a fare la spesa e lasciava Matteo a poltrire. Ma
forse ha ragione lei: meglio che rimanere a letto senza uno scopo. Almeno così
penserò al nutrimento della famiglia... sì, mi sembra un motivo piuttosto
nobile per alzarsi.
Così a
fatica abbandono il letto e vado direttamente in cucina, senza neanche passare
dal bagno come invece faccio di solito. Mi siedo a tavola e sorrido. Mamma ha
messo le tovagliette e ha preparato la colazione come faceva quando eravamo
bambini. Matteo è già seduto a divorare cereali. Appena mi vede mi fa un cenno
di saluto con la testa, senza dire una parola. Questa è una cosa che ho in
comune con mio fratello: appena svegli non siamo mai molto pimpanti, anzi…
rimaniamo sempre inebetiti per un bel po’ prima di riuscire a elaborare anche
solo una frase di senso compiuto.
Però
il lavoro ha cambiato le mie abitudini mattutine… per esempio erano secoli che
la mamma non mi preparava la colazione. Credevo fosse un’abitudine persa da anni,
quella di fare colazione tutti insieme, invece adesso mi rendo conto che la
mamma continua a prepararla a Matteo ogni santo giorno. E’ troppo a suo agio
servito e riverito da mammà…
“All’università
come va?”, gli chiedo e subito dopo sbadiglio.
Matteo
sbadiglia anche lui con la bocca piena di cereali: “Perché me lo chiedi?”
Scrollo
le spalle. La mia non è altro che curiosità.
Matteo
annuisce con la testa. Significa che va tutto bene?
“E
quando hai il prossimo esame?”
“Martedì”,
risponde di getto, “ma non dirlo a mamma e papà”.
“Perché
no?”
“Mi
mettono ansia”, risponde sbrigativo, poi beve un gran sorso di latte.
“Tesoro,
sei in piedi! Potevi chiamarmi”. La mamma entra allegra in cucina. E’ sempre
così… attiva. Ma come fa? Non credo di averla mai vista riposare… intendo il
classico riposino pomeridiano sul divano o quello della domenica mattina quando
resti a letto, anche se sei già sveglio, a goderti il tepore delle coperte. No,
lei mai. Forse perché le cose da fare sono tante e nessuno muove un dito per
aiutarla o magari perché le piace sentirsi sempre in attività… non lo so. Forse
semplicemente è una a cui non piace sprecare tempo. Un po’ come me…
Mi
stropiccio gli occhi e vado verso i fornelli. “Non c’è bisogno che mi riscaldi
il latte, mamma. Sono anni che lo prendo freddo”.
“Davvero?”,
mi chiede stupita. Se è per questo la mattina non mangio nulla, a stento bevo
latte e caffè. “Va bene, ma almeno siediti e mangia qualcosa”, di nuovo sembra
che mi abbia letto nel pensiero.
Scuoto
la testa: “La mattina ho lo stomaco chiuso”.
“Come?
Vuoi dire che hai perso una delle migliori abitudini che io e tuo padre siamo
riusciti a trasmettervi?”, e poi come colta da una folgorazione aggiunge: “però
il sabato…”
Sorrido:
“Sì, mamma, nel weekend continuo a fare colazione con voi… ma durante la
settimana non mi va”.
Mia
mamma è sempre più confusa, ma io sono troppo assonnata per spiegarglielo
meglio.
“Dove
andiamo a fare spese?”
“Ho
detto spesa, non spese… Pensavo di comprare giusto qualcosa per il pranzo di
oggi”.
Neanche
il tempo di annuire con la testa che mamma è già sparita nella lavanderia.
Chiamiamo così la piccola veranda adiacente alla cucina dove mamma ha
concentrato lavatrice, tavolo da stiro, bucato da stirare… è davvero una
piccola lavanderia in miniatura.
Comincio
a bere il latte in piedi vicino ai fornelli, ma al secondo sorso mi fermo.
Perché
rimanere in piedi? Non devo andare a lavoro, quindi posso rilassarmi e starmene
seduta a tavola quanto mi pare.
Sospiro
rumorosamente. Sono passati due secondi e già non so che fare… Cosa fanno le
persone durante la colazione?
Osservo
meglio mio fratello. Anche lui biondo come me e con capelli sottilissimi, più
ancora dei miei, così difficili da gestire, soprattutto se sei uomo. Continua a
mangiare, leggendo contemporaneamente il giornale, ma quando si rende conto che
lo sto guardando si ferma.
“Sara…”,
dice a stento e poi prosegue con un gesto molto eloquente della mano – mi alza
il dito medio, per inciso – con il quale, senza mezze misure, mi manda a quel
paese.
Sgrano
gli occhi stupita e comincio a farfugliargli parolacce sotto voce.
Matteo
risponde con un secco: “Vaffanculo”.
Ancora
più stupita gli mollo un calcio sotto il tavolo e ritraggo subito le gambe
sulla sedia. Matteo urla per il
dolore… non volendo credo di avergli colpito il ginocchio, ma se l’è meritata.
La prossima volta impara le buone maniere… Macché! Dopo pochi secondi allunga
il braccio verso di me per tirarmi i capelli. Mi scanso veloce.
Restiamo
a fissarci per qualche secondo poi scoppiamo a ridere. Quante volte abbiamo
vissuto situazioni così da bambini? Centinaia e centinaia di volte, ma stavolta
è diverso. Per più di un motivo: prima di tutto in passato mai e poi mai saremmo
riusciti a riderci su… Piuttosto saremmo rimasti ciascuno sulle proprie
posizioni, magari non parlandoci per settimane. Inoltre non saremmo mai
riusciti a fermarci da soli: questa è in assoluto la prima volta. Di solito è
sempre stato necessario l’intervento autoritario della mamma.
La
verità è che non siamo più degli adolescenti immaturi… Ecco! Adesso mi sento un
po’ in colpa… Matteo è lì che continua
a massaggiarsi il ginocchio, senza smettere di ridere. Non avrei dovuto
mollargli quel calcio.
Mi
avvicino a lui abbassandomi per vedere meglio le condizioni del ginocchio e…
Bastardo! Appena sono a tiro si aggrappa ai miei capelli con la mano libera e
me li tira forte…
“Ahi”,
urlo massaggiandomi subito la testa indolenzita.
“Sei
manesca”, proclama Matteo.
Vorrei
controbattere, ma in qualche modo dall’espressione del suo viso capisco che la
nostra scaramuccia inutile si è già conclusa. Bevo l’ultimo sorso di latte e mi
allungo di nuovo verso mio fratello. Gli bacio la fronte - altro gesto che non
mi sarei mai sognata di fare anni fa - e gli accarezzo la guancia. Di rimando
Matteo mi bacia la mano.
“Ti
voglio bene”, mi fa senza guardarmi.
“Lo
so”, e poi a tradimento sbadiglio ancora.
“Ma a
che ora ti sei messa a letto?”, di nuovo mia madre. Rientra in cucina rapida
con una montagna di bucato tra le braccia.
“Il
punto non è a che ora mi sono messa a letto, ma a che ora ho preso sonno”.
“Qualcosa
ti preoccupa?”, chiede la mamma. Per fortuna è rivolta di nuovo verso la
veranda e quindi di spalle a me e mio fratello, altrimenti non avrei saputo come
giustificare ai suoi occhi il mio sguardo avvilito.
Matteo
scuote la testa guardandomi di traverso. Gli rispondo con un cenno minaccioso:
è l’unico a sapere il vero motivo delle mie ferie. Non avrei neanche voluto
dirglielo, ma quando sono tornata a casa ieri sera c’era solo lui ed io ero
talmente arrabbiata che ho vuotato il sacco immediatamente. Però me ne sono
subito pentita… la verità è che vorrei risparmiarmi la predica di papà su
quanto sia difficile trovare lavoro di questi tempi e sull’importanza di
tenersi ben stretto il proprio a prescindere dalle condizioni che ti impongono.
E anche se mentire a papà significa mentire anche alla mamma, sento che è
comunque la scelta migliore. Tra tre settimane tornerò al lavoro e si sistemerà
tutto.
Non
mi resta che sperare nella riservatezza di mio fratello. Anche se… Parliamo di
Matteo, no? Cioè della stessa persona che poco fa mi ha tirato i capelli e
fatto un gestaccio…
Ma
nonostante tutto manterrà il segreto.
Ne
sono convinta.
Più
che convinta.
O no?
Devo assolutamente
assicurarmi che sia così, ma come posso fare senza far capire nulla alla mamma?
Non
ho scelta: incrocio le dita portandomele davanti alla bocca. E’ uno dei segnali
che usavamo da piccoli, una specie di gesto solenne: significa che è costretto
a mantenere il mio segreto pena l’impotenza a vita.
Matteo
capisce subito le mie intenzioni, sbuffa e mi lancia addosso il giornale. Non
resisto alla tentazione di tirargli dietro una tovaglietta.
“Matteo!
Sara! Per amor del cielo… quanti anni credete di avere? Tu”, esorta la mamma
rientrando in cucina e indicando Matteo, “smettila di essere così antipatico
con tua sorella e tu”, mi punta l’indice contro, “pronta in venti minuti”.
Non è
una domanda, ma un ordine. Tracanno il resto del latte e scatto in piedi. Devo
arrivare al bagno prima di Matti…
“No
no no no no!”, urla mio fratello abbattendo la barriera del suono e scattando
prontamente in piedi.
Vorrei
tanto sapere come fa ad intuire sempre le mie intenzioni… Accelero il passo. Nel
corridoio quasi corro... Ce l’ho fatta! Con gesti rapidissimi sono riuscita
persino a chiudere la porta a chiave.
Sghignazzo
allegra, mentre ascolto Matteo urlare e battere i pugni contro la porta:
“Maledetta!”, continua a inveire. Queste scaramucce con mio fratello non vi
fanno pensare a quei telefilm sulle famiglie americane? Stile genitori alle
prese con figli adolescenti che si fanno i dispetti? Anche se in questo caso il
dispetto l’avrebbe fatto Matteo a me arrivando per primo: è lui quello tradizionalmente
noto come il padrone del bagno.
Io,
invece, dieci minuti dopo sono già fuori. Altri cinque per vestirmi… tre per
truccarmi… In diciotto minuti sono più che pronta. Come ho detto, non mi piace
sprecare il tempo.
Due
minuti dopo siamo in ascensore e la mamma sta organizzando il tragitto. Come
fosse un software per il calcolo del percorso minimo, in un minuto di discesa
in ascensore, mia madre ha già organizzato le tappe che faremo.
La
prima è al supermercato a due passi da casa. Adoro quel posto. Mi piace
l’atmosfera che si respira all’interno. Sono tutti amichevoli, sempre. In ogni
momento della giornata e in ogni giorno della settimana. Come facciano a sorridere
sempre a tutti i clienti resta un grande mistero. Come fanno a sembrare sempre
così allegri e pimpanti? Avranno anche loro clienti rompiscatole, esigenti,
maleducati… eppure non ho mai visto uno screzio alla cassa o un dipendente poco
disponibile a dare indicazioni. Né ho mai percepito freddezza tra i dipendenti;
sembrano tutti parte di una grande famiglia. Non credo guadagnino granché e in
più sono costretti a lavorare a turno anche la domenica… e allora perché? Da dove
nasce tutta questa serenità?
Con
questi interrogativi nella mente entro nel supermercato e comincio a vagare per
i corridoi insieme alla mamma, che dopo appena due minuti è già impaziente di
andare via.
“Vai,
per favore, a prendere i funghi in scatola?”, mi chiede, credo per risparmiare
tempo.
“In
quale corridoio posso trovarli?”, rispondo di rimando con un’altra domanda, poi
sorrido vedendo la mamma sempre più ansiosa.
“Credo
il secondo”, dice sbrigativa.
“Che
marca? Ah, e quante scatole?”, chiedo stuzzicandola.
“Vai
e basta”, mi intima avviandosi verso il banco surgelati.
Scrollando
le spalle mi avvio verso il corridoio due.
Banco
frigo. Mi sa che non è questo.
Mi
metto subito alla ricerca di un commesso. Visto che hanno tutti scritto
“superdisponibile” nel loro curriculum vitae, non credo che avrò difficoltà a
trovare aiuto.
Sempre
che riesca a trovarne almeno uno…
“Ahi”,
mi volto di scatto. Qualcuno alle mie spalle mi ha appena pizzicato il fianco.
Neanche il tempo di girarmi per vedere chi è stato che mi ritrovo abbracciata a
un uomo.
“Sara”,
urla al mio orecchio e dalla sua voce mi sembra traspaia gioia.
Chi
diavolo è che mi sta abbracciando?
Non
riconosco la voce… Alto… Per quel poco che posso vedere ha i capelli castani…
però! Che forza nelle braccia… mi stringe così tanto che a momenti mi stritola
in più parti.
“Ciao”,
rispondo più per educazione, perché in realtà ancora non ho idea di chi sia.
Finalmente
si stacca e riesco a guardarlo negli occhi. Cavolo. Ha un viso molto familiare.
Sì,
ma chi è?
“Ti
trovo proprio bene… sei bellissima”, dice diventando rosso in viso. Anche
questo piccolo particolare me lo rende sempre più familiare.
“Grazie”,
riesco a dire appena e poi taccio. Mi prendo qualche secondo per studiare
meglio il suo viso. Occhi profondamente castani, barba rasata ma non del tutto…
“Come
stanno i tuoi genitori? E Matteo?”
Domande
personali, quindi mi conosce a livello più intimo. Tra l’altro un collega di
lavoro non mi avrebbe mai abbracciata a quel modo…
“Benissimo,
grazie!”, rispondo allegra, “la mamma è qui da qualche parte”, aggiungo e
comincio a guardarmi un po’ intorno. Se arrivasse , magari potrebbe darmi una
mano.
“Allora…
sicuramente hai sentito la notizia? Felice?”
Non
posso fare a meno di sgranare gli occhi, ma, rendendomene conto, abbasso subito
lo sguardo. Quale notizia? La conversazione sta prendendo una piega imprevedibile
e non credo di riuscire a sostenerla ancora per molto…
Quando
alzo di nuovo gli occhi, scopro sul volto del ragazzo una sensazione nuova.
Credo si possa chiamare “sospetto”. Probabilmente mi ha già scoperto.
“Sara”,
esordisce all’improvviso con aria grave. “Non hai la minima idea di chi io
sia”.
E non
è una domanda.
“Ma
come è possibile… sono anni che non ci vediamo… forse nove? sì, beh… io sono
cambiato tanto… eppure sono sempre lo stesso… magari un tantino più magro,
però…”.
Dal
mio viso deve trasparire il buio più completo… ma perché devo essere sempre
così trasparente nelle espressioni facciali?
“Ma
che dici?”, replico quasi offesa, ma non sortisco l’effetto sperato. Il ragazzo
si mette subito braccia conserte in segno di sfida, ma non ha il tempo di
replicare nulla perché veniamo distratti da una risata.
Molto
rumorosa e sfacciata. Una signora di fronte a noi ci sta osservando e sta
ridendo, ma proprio tanto. Deve aver visto tutta la scena e si sta prendendo
gioco di me.
“Che
cosa c’è da ridere?”, le chiedo alzando anche un po’ la voce.
“Ah?”,
mi risponde stupita. Che faccia tosta… sembra stia scendendo dalle nuvole.
“Non
è carino ridere di una situazione che per altri può risultare imbarazzante”.
La
signora mi guarda come se fossi pazza, ma non ride più.
“In
verità io…”, indica il suo orecchio sinistro. Un auricolare. La signora stava
parlando al cellulare.
Una
smorfia di imbarazzo trasfigura il mio viso.
“Le
chiedo scusa”, dico mortificata alla signora che si allontana veloce senza degnarmi
di uno sguardo.
Sto
archiviando una brutta figura dietro l’altra di fronte a questo sconosciuto che
invece sembra conoscermi così bene…
“Sara…
Non sei cambiata affatto”, mi accorgo adesso che anche lui ride ed è ai limiti
del collasso. Intendo dire… ride così tanto che sembra stia per sentirsi male.
E quando dalle risate cominciano ad uscirgli le lacrime finalmente lo
riconosco.
“Sergio!”,
urlo al suo orecchio e poi gli salto letteralmente addosso. E chissà come
Sergio mi fa roteare per aria e in un attimo mi ritrovo avvinghiata a lui a mo’
di scimmietta con le gambe piegate dietro la sua schiena e le braccia avvolte
intorno al suo collo. “Che ci fai qui? Ti credevo a Londra a diventare un
grande manager… Almeno a quanto mi racconta Katia…”
“Sara!
Che combini?”, la mamma è appena sbucata da dietro uno scaffale e subito Sergio
mi ha messo giù. “Sergio? Sei proprio
tu?”
A
quanto pare la mamma non ha avuto alcuna difficoltà nel riconoscerlo… “Fiorella!
Che bello rivederti! Come stai?”, e così dicendo Sergio si avvicina a mia mamma
e si scambiano un doppio bacio.
Che
entusiasmo… Non ricordavo si conoscessero così bene. Né che Sergio le desse del
tu. Dopotutto sarà venuto a casa mia… quante? Un paio di volte? Di cui una dopo
la maledetta festa in maschera…
“Benissimo,
grazie. E anche tu stai bene… Pensavo che a Londra si mangiasse uno schifo, ma a
vederti credo proprio di essermi sbagliata… sei dimagrito tantissimo e non può
che essere dovuto ad una sana alimentazione… vero Sara?”, mi chiede mia mamma
con una punta di ironia. Da quando ho cominciato a lavorare la mamma si è
convinta che io mangi in maniera sregolata e poco salutare.
“In
effetti mangio molta frutta e verdura…”, interviene Sergio, vedendomi sbuffare
verso la mamma, “anche se non quanta ne vorrei… a Londra non vendono la varietà
di frutta che c’è qui. Ma ormai potrò mangiarne quanto vorrò”.
“Che
intendi dire?”, chiedo con interesse.
“Katia
non te l’ha detto? Lascio Londra definitivamente. Sono venuto adesso per
portare parte delle mie cose, ma ho già impacchettato tutto il resto e tra un
paio di settimane mi trasferisco di nuovo qui a Napoli”.
“Possibile
che Katia non mi abbia comunicato una notizia così importante?”, chiedo più a
me stessa con stupore.
“Evidentemente
è troppo presa dai preparativi per il matrimonio. Come sicuramente saprai non
aveva mai neanche lontanamente immaginato di sposarsi, perciò anche per lei è
un momento di confusione totale…”
“Sposarsi?
Katia e Mario?”, la sorpresa sul volto di mia madre e la sua aria delusa mi
lasciano intendere che sono nei guai. Infatti poco dopo la mamma prosegue
dicendo:“Perché non mi hai detto niente Sara?”
“L’ho
saputo appena ieri…”, rispondo di getto anche se, in verità, era l’altro ieri.
“Sì”,
interviene di nuovo Sergio, “non te la prendere Fiorella, è sul serio una
notizia dell’ultimo minuto”.
La
mamma scuote la testa con disapprovazione: “Ma se me l’avessi detto subito,
avrei evitato la brutta figura che ho fatto con lei ieri pomeriggio. Non le ho
neanche fatto le mie congratulazioni… Sergio, ti prego di riferirle che ero
all’oscuro di tutto…”
“Ieri
pomeriggio? Perché non mi hai detto che ha telefonato Katia ieri?”
“Non
ha telefonato affatto, l’ho semplicemente incontrata per strada”.
“Vuoi
dire che Katia è a Napoli?”, chiedo a mia mamma, ma guardo Sergio, che annuisce
arrossendo leggermente.
“E’
arrivata ieri. In verità siamo arrivati ieri… Sono stato suo ospite a Milano
per qualche giorno e poi ieri pomeriggio abbiamo preso insieme l’aereo per
Napoli. Credo volesse farti una sorpresa venendo a prenderti a lavoro stasera”,
improvvisamente Sergio cambia espressione, “a proposito, come mai non sei a
lavoro?”
“Ho
preso qualche giorno di ferie”, rispondo nervosa, “che a quanto pare cascano a
fagiolo. Forza!”, dico colta da un’ispirazione improvvisa, “andiamo da lei!”.
“Ottima
idea”, replica Sergio e nello stesso istante una marea di applausi e di cori
esultanti si elevano nell’aria arrivando fino a noi. Mi guardo intorno
perplessa: i commessi alle casse hanno iniziato ad applaudire; non per noi
naturalmente, ma fa lo stesso.
Il
mio pubblico ha appena approvato la mia idea.
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